Lettera ai Verdi delle Marche

 

Spett.le  FEDERAZIONE VERDI MARCHE

                                                                           Egr. PRESIDENTE Luciano Montesi

                                                                           Egr. CONSIGLIERE Moruzzi

                                                                           Egr. CONSIGLIERE D’Angelo

Oggetto: valutazioni, rispetto al Vostro documento programmatico, in materia di Legge Regionale Forestale, Piano Faunistico Regionale e Aree Protette.

  Condivido, come tutti gli altri esponenti del nostro gruppo, l’importanza di un rilancio dei Verdi, perché nessuno tra gli ambientalisti ha smesso di sperare che questa forza politica diventi sufficientemente potente. Del resto, nessuno può pensare, nemmeno il più pessimista, che in Italia coloro che hanno a cuore le sorti dell’ambiente siano solo la piccola percentuale che ha espresso il voto a favore dei Verdi. Impossibile. Semplicemente si tratta di uno schieramento trasversale, probabilmente ampissimo, ma che forse non trova modo di riconoscersi in un unico partito e cosi avviene questa malaugurata frammentazione.

  Di questo fenomeno le cause vanno ricercate anche nella politica e nelle scelte fatte dai Verdi, e questo è pacifico.

  Questa premessa è utile per introdurmi alle mancanze che sono state rilevate nel documento programmatico inviatoci, in cui sono clamorosamente ignorate alcune situazioni mentre altre vengono trattate in modo troppo superficiale.

  In particolare, da parte mia, richiamo l’attenzione sull’assenza di riferimento alla Legge Forestale Regionale: si potrebbe scrivere un libro sui misfatti che questa legge consente di fare, autorizzando di fatto devastazioni legali a danno dell’ecosistema bosco, degli equilibri idrogeologici, degli habitat faunisitici, del paesaggio, della corretta regimazione delle acque. Ma non credo sia il caso di addentrarsi in questione tecniche: credo sia sufficiente allegarvi le foto che mostrano i metodi di taglio del bosco (privato, e sono l’85%) nelle Marche e ricordare che tutto questo avviene in linea con una sciagurata tradizione, in un mercato di legname da ardere dove nessuno fattura niente e che la Guardia Forestale non riesce a controllare, senza dimenticare che con questo modo di governare i boschi (nelle Marche si taglia un bosco ogni 15 anni, massimo 29), si è finito per non avere, ormai da molti decenni, nessuna produzione di legname da opera (per l’assenza di fustaie abbastanza mature) cosi che quel tipo di prodotto deve essere importato (dal Borneo, l’Amazzonia, ecc). Nel dibattito che la nostra associazione ha da tempo instaurato con l’Ufficio Foreste della Regione, denunciando i drammatici limiti di questa legislazione, siamo giunti a formulare una richiesta che riteniamo essere la condizione minima per fissare un compromesso sostenibile nella nuova Legge Forestale che è ancora in fase di stesura: la richiesta verte sulla necessità di stabilire il vincolo al taglio ceduo matricinato (quello utilizzato nel 95% dei casi) nei seguenti casi:

. oltre i 1000 metri sul livello del mare;

. su pendenze che superino il 50%;

. nelle zone SIC e ZPS;

. nelle Aree Floristiche Protette.

  Riguardo al Piano Faunistico Regionale, visto che la Regione ora può emanare in pratica ogni criterio in materia di caccia (ma aspettiamo fiduciosi i ricorsi), occorre prepararsi ad una battaglia fondamentale per la conservazione della fauna selvatica e dei delicati equilibri ecologici già messi a dura prova dalle scelte gestionali effettuate a livello provinciale, a partire dalla Provincia di Pesaro-Urbino, e parlo prima di tutto dell’assenza della vigilanza, e poi delle modalità della caccia al cinghiale, della dissennata caccia di selezione al daino e al capriolo, della caccia alla volpe.

Di fronte ad una prospettiva di sconcuasso della 157 proponiamo, unitamente alle vostre forze e a quelle delle altre associazioni ambientaliste (e non solo) un referendum su scala regionale. Tuttavia, prima che avvenga l’irreparabile, potrebbe essere più logico agire in senso propositivo e prendere l’esempio dal Veneto, dove le associazioni ambientaliste hanno formulato a loro volta una proposta di modifica alla 157, ma in senso positivo, cioè restrittivo per i cacciatori, e l’idea di limitare l’attività venatoria ai mesi di ottobre e novembre è stata sottoscritta da oltre 75 mila persone.

  Considerando la difficoltà ad agire e a raccogliere risultati confortanti nella lotta contro  questo tentativo anacronistico di rilanciare l’attività venatoria (perché i cacciatori sono ancora una lobby elettorale e perché cacciatori sono metà dei politici al potere), dobbiamo allora rilanciare a nostra volta la questione Aree Protette: legittimo è prospettare la creazione delle nuove aree protette da voi menzionate nel documento, ma non dimentichiamoci che le Marche, per quanto si sforzi di apparire tutt’altro, si trova in una situazione di stallo imbarazzante in questo settore, rispetto alle sue potenzialità, rispetto ad altre regioni, a partire da quelle confinanti, e rispetto al modo in cui sono gestiti quei pochi Parchi e Riserve che ospita. Gli amministratori della Regione Marche continuano a vantarsi di avere due Parchi Nazionali, ma solo uno sprovveduto non capisce che c’è una ridicola forzatura in questa affermazione, perché il Parco Nazionale del Gran Sasso – Monti della Laga, che misura  da solo 143 mila ettari (cioè 54 mila ettari in più di tutte le aree protette marchigiane messe insieme) si estende sul suolo della nostra regione appena per il 7% del suo totale. Quindi, in realtà, c’è un unico Parco Nazionale nelle Marche, i Monti Sibillini, bellissimo ma pieno di problemi, per la penuria di fauna, di boschi, e per la scelleratezza di alcune scelte, come quella storica di effettuare prelievi faunistici all’interno del Parco mediante l’uso di cacciatori (primo caso in Italia).

Per il resto, le Riserve Naturali Statali di Torricchio e Abbadia di Fiastra sono direi impalpabili, mentre quella della Gola del Furlo fatica tantissimo a darsi un inquadramento e a quasi due anni dalla sua istituzione è praticamente senza controllo.

Premesso che Riserve Naturali Regionali non ce ne sono, ed una urgentissima può essere realizzata sul Monte Catria (parere favorevole dei comuni e dei proprietari), sui Parchi Naturali Regionali ci sono ombre sinistre: quello della Gola della Rossa e di Frasassi è il Parco delle Cave, quello del San Bartolo è un Parco Urbano, all’incirca come il Conero, mentre il Sasso Simone e Simoncello deve convivere  (unico caso in Italia) con un Poligono Militare d’armi pesanti.

Ben inteso che le aree protette vanno sempre bene, ma è chiaro che è meglio se funzionano.

Comunque il totale delle aree protette nelle Marche è 9 (nove), contro le 72 (settantadue) del Piemonte, giusto per fare un raffronto. Il rapporto tra suferficie regionale e aree protette è di 9,19%, contro l’11% della media nazionale.

Per di più nel Piano Triennale Regionale delle Aree Protette 2001-2004 si parla di Alto Esino (e va bene), di Ripa Bianca (e va benissimo), ma anche di Alpe della Luna, dove non sembrano esserci i presupposti sociali e politici e del Monte Cucco, che però in territorio marchigiano ha ben poco e la parte Umbra è già Parco (per modo di dire). Questo PTRAP non fa clamorosamente riferimenti al Monte Catria, al Monte Nerone, a Bocca Serriola, al fiume Metauro, o a Parchi marini: per quanto riguarda il Catria abbiamo già detto che ci sono tutti i presupposti per la creazione di una Riserva Naturale Regionale, cosi come per la Foce del Metauro ci sono già intenzioni piuttosto chiare. In tutto questo contesto però resta il mistero del come e perché venga esclusa la questione del Parco Nazionale del Catria e Nerone, rispetto al quale ci sono valenze ambientali di altissimo livello ed una situazione socio-economica che non può che andare in quel senso (altrimenti continueremo a sentir parlare di cave, di spopolamento, di industrie insalubri, di pericolosi progetti di energie alternative, di essiccatoi, di discariche, di pressione venatoria e dissesto idrogeologico e paesaggistico).

  Vi invito a prendere atto di queste valutazioni e come movimento ambientalista contiamo di poter affrontare assieme queste problematiche, anche attraverso uno scambio di opinioni e di informazioni.

  Per ora, di quel motto che dice “Le Marche, l’Italia in una Regione”  si può solo estrapolare qualcosa del tipo…”Le Marche, tutti i problemi dell’Italia in una Regione”.

  Rimanendo a disposizione per chiarimenti e approfondimenti, si porgono distinti saluti.

                                                                                                Andrea Pellegrini

                                                                            Coord. settori Boschi / Fauna / Aree Protette

                                                                                 la LUPUS IN FABULA

 

 

 

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